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Indigofera tinctoria (Indigo o Henné Nero)
Al genere Indigofera appartengono circa trecento specie, originarie in particolar modo dell’India, della Cina e dell’isola di Giava.
Le indigofere appartenenti alla famiglia delle leguminose, sono piante arbustive perenni, grigiastre, con foglie imparipennate e piccoli racemi ascellari o spighe di fiori di colore tra il porpora ed il rosa. Quelle più utilizzate per tingere sono ancora l’Indigofera tinctoria L. e l’Indigofera anil L.
Il nome con cui viene chiamata questa pianta è indaco, termine di origine latina: indicum, cioè indiano, con chiaro riferimento al suo paese di origine, l’India. In genere, tuttavia, è divenuto uso comune il termine Indigo o Hennè Nero.
Indigofera si riferisce al fatto che la pianta sia produttrice di indaco, una sostanza colorante dai toni scuri.
L’impiego dell’indigo nella colorazione delle fibre naturali risale ai primordi della civiltà: i nostri antenati Europei del Neolitico conoscevano già questa tintura dei toni bluastri, sebbene ricorressero all’utilizzo di un’altra pianta.
In Egitto durante il periodo dei faraoni, infatti, si ricava il colore blu dall’utilizzo del guado (Isatis tinctoria). Tale arte tintoria si diffuse poi in Grecia e successivamente in Italia, dove i Romani svilupparono intensamente la coltura dell’Isatis tinctoria. È interessante il fatto che già presso i Greci ed i Romani, era noto che nei paesi dell’Estremo Oriente esisteva una tintura blu molto potente e resistente: l’indicum o indikon, chiamato anche blu delle indie o indaco. La cosa sorprendente, e che a quei tempi non si immaginava neppure, è che le due tinture, indaco e guado, benché ottenute da piante diverse, permettano di ottenere lo stesso principio tintorio, l’indaco o indigotina. Non a caso il termine Hennè Nero risulta ambivalente nell’indicare sia l’indigo, ossia Indigofera Tinctoria, che il guado, ossia l’Isatis Tinctoria.
Nel corso del XVII secolo, infatti, con l’introduzione dell’Indigofera, l’industria del guado entrò repentinamente in crisi perché l’indigo si dimostrò essere economicamente più conveniente. L’indaco offriva l’enorme vantaggio di eliminare i processi lavorativi di macinazione e macerazione. Solo alla fine del 700 si scoprì che anche con l’Isatis si poteva colorare utilizzando lo stesso procedimento dell’indigofera.
La semina dell’Indigofera tinctoria avviene in primavera, la fioritura si ha dopo circa tre mesi. In quel momento le foglie assumono un colore violaceo, ciò è indice del fatto che il contenuto in indaco è elevato. Il principio tintorio, l’indacano, è sprigionato dalle foglie, le quali contengono, inoltre, il bruno d’indaco e pigmenti flavonici gialli. La quantità e la ripartizione percentuale dei pigmenti presenti varia sia da specie a specie, sia a seconda dell’età della pianta. Si pensa che la coltivazione dell’indigo, per garantire migliori risultati, debba essere fatta in un luogo ove la temperatura media giornaliera, per tre mesi consecutivi, si mantenga sui 22°C.
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